Nella tarda mattinata del 5 dicembre scorso, personale della locale DIGOS ha rintracciato, ponendo fine alla sua fuga, un cittadino tunisino di 33 anni, già internato presso la Casa di Reclusione di Castelfranco Emilia. Il soggetto era sottoposto al monitoraggio dei detenuti a rischio radicalizzazione islamica.
Il 30 novembre scorso lo straniero è stato dimesso dalla Casa di Lavoro ed accompagnato da volontari per recarsi al mercato “BIO – Solidale” di Piazza Aldo Moro di Castelfranco Emilia, essendo stato ammesso al lavoro esterno tutti i sabati del mese.
Il soggetto, senza documenti al seguito, eludendo la vigilanza, si era allontanato, rendendosi irreperibile.
Attraverso il raccordo con il personale della Polizia Penitenziaria, è stata avviata un’immediata attività per il suo rintraccio. È emerso che il tunisino intratteneva rapporti affettivi con una cittadina ecuadoregna residente a Gubbio, pertanto è stato subito allertato personale della Digos di Perugia, che ha a sua volta attivato le ricerche nel territorio di competenza.
D’intesa con la locale Autorità Giudiziaria, è stato avviato il monitoraggio del telefono cellulare in uso al ricercato. Dai primi risultati, il telefono ha dato tracce di presenza in alcune zone del centro di Milano.
Sono state, pertanto, intensificate le ricerche del soggetto nei luoghi segnalati e, nella tarda mattinata di ieri, restringendo notevolmente l’area di ricerca, con non poca difficoltà il tunisino è stato individuato mentre a piedi stava percorrendo i viali del parco pubblico “Vittorio Formentano”.
Al termine delle formalità di rito espletate presso gli uffici della Digos di Milano, il tunisino è stato associato presso la Casa Circondariale di San Vittore, in attesa di trasferimento presso la Casa di Reclusione di Castelfranco Emilia per proseguire la misura di sicurezza applicata.
Atteso il livello di radicalizzazione attribuito all’internato, sono in corso da parte di questa Digos attive indagini finalizzate a ricostruire il circuito relazionale costituitosi durante il periodo di fuga.
Fonte: Questura di Modena