Le indagini, avviate nel mese di febbraio u.s. sotto la direzione della Procura della Repubblica di Bologna – nelle persone del Procuratore Capo dott. G. A. e dell’Aggiunto dott.ssa M. P. sono riuscite ad infrenare un fenomeno che negli ultimi mesi era tornato prepotentemente alla ribalta, e non soltanto nel Capoluogo emiliano.
Ciò benchè gli odierni fermati, unitamente ad altri 3 attuali indagati, siano sostanzialmente tutti bolognesi e/o oramai da anni stabilmente residenti in città, e riconducibili a sodalizi oramai storici, da sempre dediti a tale particolare tipologia delittuosa. In tale quadro risultavano infatti di determinante rilievo sotto il profilo investigativo le attività di monitoraggio svolte a carico di D.M.S., tra gli elementi più rappresentativi della batteria. Attività classiche di osservazione e pedinamento, abbinate a sofisticate soluzioni tecniche, che hanno consentito di evidenziare via via il modus operandi utilizzato e, soprattutto, tutti gli stratagemmi posti in essere per eludere le investigazioni ed aumentare i loro margini di sicurezza.
L’organizzazione, caratterizzata da un forte vincolo tra i soggetti coinvolti derivante anche da vincoli familiari, ha dimostrato di possedere una notevole capacità in termini di mezzi, uomini e risorse finanziarie e di adottare strumenti operativi efficienti e collaudati. Gli assalti ai bancomat costituiscono infatti da decenni l’unica lucrosa fonte di guadagno per le famiglie coinvolte da questa indagine che negli anni hanno saputo riciclare il denaro nell’acquisto di immobili, di autovetture di lusso, in attività commerciali.
Inoltre le investigazioni hanno dimostrato come anche le mogli svolgano un importante ruolo di collegamento con gli “uomini” dell’organizzazione ricevendo e partando con sè i telefoni cellulari dei mariti allorquando questi sono impegnati nelle trasferte per commettere assalti ai bancomat, con il chiaro scopo di sviare le indagini e creare alibi.
Le indagini dei Carabinieri di Bologna, intraprese nel mese di febbraio a seguito della recrudescenza del fenomeno degli assalti a sportelli ATM in regione, hanno evidenziato non solo dati conoscitivi acquisiti nel corso di ormai numerose inchieste coordinate da anni dalla Procura della Repubblica di Bologna per vicende di analogo tenore che hanno consentito di attribuire a gruppi criminali che provengono da Bologna, città dove è stata per così dire “brevettata” questa tipologia di azione delittuosa la cui riconoscibilità per metodi e mezzi esecutivi porta alla confluenza sugli uffici di polizia bolognesi di notizie di reati portati a compimento in aree territoriali anche distanti dal capoluogo felsineo, ma altresì importanti elementi di novità che denotano da parte degli indagati una professionale capacità di adattamento nei metodi adottati allo scopo di eludere attività investigative.
Tra queste indubbiamente la scelta del “pendolarismo”: per raggiungere le province bersaglio degli assalti gli indagati facevano ricorso ai vettori ferroviari o ad autovetture noleggiate. In particolare per recarsi a Torino – dove sono avvenuti la maggior parte degli assalti – utilizzavano i treni della linea alta velocità. La partenza avveniva da Bologna: dopo il viaggio in treno i componenti della banda si servivano di taxi per raggiungere l’area ove, in due garage monitorati da telecamere nascoste, occultavano le potenti autovetture “operative”, un’Audi ed una Bmw.
I componenti della banda subito dopo i colpi, al ritorno ai garage, “bonificavano” l’area controllando se non fossero stati violati i sigilli apposti sulla basculante mediante impercettibili fili trasparenti di silicone.
L’utilizzo del treno ha consentito agli inquirenti, mediante un certosino lavoro di analisi delle registrazioni dei sistemi di videosorveglianza delle stazioni ferroviaria di Bologna, Milano e Torino, di individuare tutti i sodali.
Le comunicazione tra i sodali avvenivano mediante l’utilizzo di apparati cellulari “dedicati” utilizzati però solo per fissare incontri di persona mentre durante gli assalti, proprio come se si trattasse di un commando militare, mediante il ricorso a ricetrasmittenti veicolari e portatili.
Le indagini, coordinate dalla Procura di Bologna, hanno consentito di raccogliere uno quadro indiziario di elevata gravità nei confronti degli indagati ritenuti responsabili di undici colpi (consumati o tentati) posti in essere nelle province di Bologna, Rimini, Torino, Milano e Vercelli da gennaio e maggio scorsi per un bottino di oltre 100 mila euro:
27.01.2019: tentato furto ai danni della Banca di Imola di Bubano di Mordano (BO);
21.02.2019: furto ai danni della Emilbanca di San Marino di Bentivoglio (BO);
27.03.2019: furto consumato ai danno della Unicredit Banca di Bologna via Mattei;
04.04.2019: furto consumato ai danni della “Banca Riviera” agenzia di San Clemente (RN)
01.05.2019: tentato furto ai danni della Cassa di Risparmio di Asti, ag. di Cambiano (TO);
08.05.2019: furto consumato ai danni della Banca del Piemonte, ag. di Druento (TO);
11.05.2019: tentato furto ai danni della Banca Popolare di Milano, Avigliana (TO);
18.05.2019 Pianezza (TO): tentato furto alla Banca del Piemonte;
22.05.2019 Pero (MI): furto consumato in danno della Banca Popolare di Sondrio;
25.05.2019 Santhià: furto consumato alla BNL.
Il provvedimento di fermo scaturisce a seguito delle evidenze investigative seguite all’ultimo colpo perpetrato in provincia di Vercelli lo scorso 25 maggio. I componenti della banda infatti spostavano le autovetture operative nella città di Bologna e si apprestavano non solo a compiere nuovi colpi in provincia ma anche a spostarsi verso la riviera ove colpire durante il periodo estivo prima di lasciare l’Italia alla volta di località di vacanza all’estero.
Nel corso delle operazioni veniva rinvenuto e sequestrato il seguente materiale: autovettura BMW serie 1 con targa tedesca, una autovettura Audi s6 con targa tedesca, varie “marmotte”, telefoni cellulari, 9.860,00 in contanti, radio ricetrasmittenti, pistole e fucili soft air, coltelli, vari borsoni ed indumenti utilizzati durante gli assalti.
Fonte: Comando Provinciale di Bologna